lunedì 12 dicembre 2016

ENDOMETRIOSI: ora lo so che c’era e c’è anche un’altra strada. Si chiama “ESSERE SE STESSE”


Carissimi,
leggendo la testimonianza di Anna non ho smesso un attimo di sentire i brividi in tutto il corpo!
Il suo è uno splendido percorso di consapevolezza unito all'azione che l'ha portata alla guarigione e qui, oggi, ha accettato di condividere la sua esperienza, così che possa essere uno stimolo positivo per altre donne che stanno percorrendo una strada simile alla sua.
Ecco il racconto di Anna, che ringrazio tantissimo per le sue parole e la sua disponibilità a esporsi, in primis verso il suo cuore...


"Volevo essere speciale.
Perché?
“E vissero per sempre felici e contenti” lo dicono solo alla fine delle favole, ed io ci credo, so che è vero. Cenerentola così buona e paziente con tutti. Biancaneve così gioiosa e brava nel mettere in ordine la casa dei nani. La Bella Addormentata così dolce e gentile e delicata. Vedi come sono tutte così speciali? E’ per questo che vivranno felici e contente. Perché sono speciali. Anche io voglio essere speciale! Devo essere speciale. A tutti i costi!
E sono entrata in un tunnel. Forse non avevo imparato ancora a leggere bene, o forse il cartello non l’ho proprio visto, o forse era indicato male, o forse non gli ho dato peso…fatto sta che sono entrata in un tunnel, ma era quello dell’infelicità. Che fa una speciale? Deve prendere voti altissimi di sicuro. E deve fare cose difficilissime. Deve essere ubbidiente. Deve essere brava in tutto. Tutto deve venirgli facile e perfetto al primo colpo. Pensa una cosa, si mette subito a farla, ed eccola lì realizzata…perfetta e bellissima come desiderava, e in pochissimo tempo. Una speciale urla e litiga o fa finta di non offendersi? Forse la seconda. Una speciale reclama attenzioni o finge di non avere bisogno di nulla? La seconda, di sicuro la seconda. Una speciale si accontenta di tutto o sceglie quello che le piace? Credo la prima. Beh di sicuro una speciale non fa errori! Di sicuro una speciale non sbaglia mai. Sa sempre quello che deve fare e quello che non deve fare. E se io non lo so? Aspetto…meglio non scegliere. Una speciale non sbaglia…io non posso sbagliare e se non scelgo non sbaglio …

Ed ecco che il tunnel dell’infelicità è finito in una grotta. Buia. Molto buia. Ed io mi sono raggomitolata in un angolo. Era una grotta piena di paura. Di insoddisfazione. Di senso di inadeguatezza e di fallimento. Di sfiducia. Era una grotta piena di terrore per me stessa. Era una grotta piena di dolore che non volevo sentire. Era una grotta piena di rumore. Ed era fredda. Tanto fredda.
Vista da fuori era una grotta bella, sorridente, felice. Aveva fiori e piante. Qualcuna cresceva meglio di altre. Insomma vista da fuori era promettente. Poteva diventare senza troppi problemi una bella collina rigogliosa.
Ma dentro il buio aumentava. E anche il freddo. E anche la paura.

Eppure piano piano un piccolo, minuscolo desiderio di non arrendersi è riuscito a farsi spazio. E un corso di teatro ha iniziato ad accendere una speranza e un dubbio: forse tutto quel buio, quella paura e quel dolore potevo guardarli. E potevo superarli. E potevo addirittura andare oltre. Scomparire e fare finta di nulla non era l’unica soluzione!
Ho iniziato ad avere meno freddo. E meno paura.

Poi in pochissimi mesi è arrivata la necessità di trovare un altro posto di lavoro, la brutta fine di un rapporto di amicizia che consideravo fondamentale, e l’endometriosi. Insomma dentro quella grotta era diventato tutto ancora più buio, ma io avevo meno freddo e meno paura e soprattutto avevo capito che avevo bisogno di aiuto, e per una volta non mi sono vergognata a chiederlo.
L’ho chiesto a Cristiana. E ai fiori di Bach.

Il rumore è stata la prima cosa che è sparita. In quella grotta non c’era più tutto quel frastuono, ma silenzio… e ogni tanto una voce, chiara e pulita. “Tutti possono scegliere! C’è sempre un’alternativa. Se non la vedi è solo perché le conseguenze ti fanno troppa paura, ma lei c’è. Sei tu che non la vuoi vedere”. E’ stata la prima cosa che ho sentito chiaramente, un giorno come tanti.
Nuovi occhi è stata la seconda cosa che ho sperimento. In tutto quel buio, denso e impenetrabile, i fiori mi hanno aiutato a guardare le cose in modo diverso…hanno letteralmente aperto altri occhi dentro di me, così che potessi guardare quello che con i miei veri occhi non avrei mai potuto vedere. E mi sono vista in piedi. Nonostante tutto quello che era successo. Nonostante il dolore. Nonostante avessi perso quell’amica che ritenevo il mio sostegno più grande. Ero in piedi. Da sola. Con le mie forze. Ero in piedi. E potevo camminare.
E allora ho iniziato ad esplorare quella grotta e quello che c’era dentro.

Sogni, libri, il teatro, la palestra, la musica, gli incontri con Cristiana, le chiacchere con le amiche, le chiacchere con me stessa… questo e tanto altro mi hanno permesso di riprendere contatto con il mio corpo, e con me. Di riprendere contatto con l’amore. Con l’amore per me.

Una mattina uscendo da una libreria, dopo aver chiacchierato e riso con la commessa, ho improvvisamente realizzato che non avevo più paura delle persone. Non le percepivo più come un pericolo, perché non avevo più paura di me. In effetti non pensavo più di essere un pericolo da cui difendermi!
Solo allora ho realizzato di aver avuto sempre paura di me. E che per proteggermi da possibili danni cercavo a tutti i costi di tenermi nascosta e sotto stretto strettissimo controllo. Forse ero un mostro, un animale selvaggio, o forse altro…non lo so…era pericoloso avvicinarsi e scoprirlo. L’unica cosa saggia da fare era chiudermi in prigione e tenermi alla larga da tutti, così che non potessero sospettare nulla, così che non potessi fare del male a nessuno, me compresa.
Adesso però sapevo che non era vero. Che non dovevo nascondermi, né avere paura di me. Non ero un pericolo, né per me né per gli altri.
Tutto questo mi ha aiutato a capire anche un’altra cosa: non ero una pazza scriteriata, ma semplicemente seguivo delle regole. Solo che erano così profonde e nascoste che non le vedevo più. Vedevo solo i miei comportamenti. E mi sembravano senza senso. Vedevo solo la mia incapacità di portare a termine le cose, la mia lentezza, la mia indecisione, il mio non sapere dove andare, il mio continuo rimandare, la mia paura di scegliere, la mia paura degli altri, il mio rimanere sempre lontana…e non riuscivo a cambiare niente. Non riuscivo a cambiare un bel niente!
Perché quelli erano solo dei semplici comportamenti. A decidere erano le regole. Io mi sentivo lontana e distaccata dagli altri e da me perché la mia regola era “sei pericolosa”!

Dentro quella grotta a poco a poco ho ritrovato e riscoperto le mie regole. I fiori mi hanno dato il sostegno, la forza e il coraggio di cercarle. Di accettarle. Di affrontarle. E di vivere tutto il dolore che si portavano dietro. Era come entrare in un pozzo nero. Ma era un dolore diverso da quello che sentivo prima, da quello che avevo sentito in tutti questi anni. Prima era una goccia che cadeva continua, senza sosta, perenne. Sembrava piccola, quasi insignificante, eppure non finiva mai. Ogni volta mi illudevo che fosse l’ultima, ma c’era sempre un’altra goccia pronta a scendere. Era un dolore piccolo, ma sfiancante. Quel pozzo invece è grande. E pieno di acqua. Nera. Nerissima. Eppure ogni volta che mi faccio coraggio, entro e mi abbandono, dopo tonnellate di lacrime ne esco rigenerata. Mi dona fiducia per me stessa. Mi dona comprensione. Mi dona amore. Finalmente mi capisco. Finalmente mi vedo. Finalmente mi riconosco.

E poi ho iniziato a ripercorrere quel tunnel, quello che mi aveva portato alla grotta. E sulla strada ho trovato altre regole, altri pozzi, altra comprensione, altro amore.

Ora sono arrivata qui. A quel vissero per sempre felici e contenti.
Non è certo colpa delle favole se sono finita in quella grotta…loro mi hanno aiutato a capire quello che volevo: essere felice!
Solo che da piccola ho sbagliato strada! E crescendo ho continuato a farlo. Pensavo che la strada “essere speciale” mi avrebbe portata dritta dritta alla felicità. Non lo sapevo che ce n’era anche un’altra, di strada. O forse non l’ho voluta vedere. O forse mi faceva paura. Comunque ora lo so che c’era, che c’è … un’altra strada. Si chiama “essere se stessi”. E’ lì che voglio andare. E’ li che sto andando. E’ quella la strada che voglio prendere. Pare ci sia anche un’anima. Pronta a danzare con me. Ed io da un po’ di tempo ho un’irresistibile voglia di danzare. E di conoscerla, quell’anima."

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